sabato 28 novembre 2009

Sul tempo e lo spazio

Prendo spunto da qui per, finalmente, cercare di mettere insieme una riflessione che ho fatto proprio stamattina. E siccome il post citato lo ho letto proprio adesso e, per molte ragioni, ho cominciato veramente a credere nella sincronicità, mi sembra importante tentare di cavalcare l'onda e provare a verbalizzare queste sensazioni che da tanto tempo cerco di mettere (citando il commento di Ondaluna nello stesso post) sotto il tappeto insieme alla polvere.
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Io il parto è l'unica cosa che non ho dimenticato. Quello, in sè, è stato bellissimo e speciale e, in un certo senso, ero preparata. Invece, come avevo già scritto qui, era al dopo che non ero preparata: a quelle separazioni che ho vissuto come coatte e aggressive e violente.
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Stamattina, però, mentre giocavo con Papera, mi è venuto in mente, come mi succede spesso, che io non posso pensare a quei mesi dopo il parto, a quelle lunghe settimane di inizio della nuova vita di Papera perchè se ci penso ho la sensazione di non averle vissute. Mi sforzo, cerco di ricordare come era l'allattamento, tenerla in braccio così piccola, quali fossero le sensazioni, gli odori, come organizzavo il tempo, eppure ho la sensazione di non ricordare. Come se ci fossero delle sensazioni che non posso recuperare perchè non positive, non belle e come, in un certo senso, se io non fossi stata realmente lì: in quel tempo ed il quello spazio.
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Ho la sensazione che, nonostante i miei desideri e le mie aspettative consce, io vivessi delle sensazioni anche spiacevoli e sicuramente (questo si me lo ricordo) mi sentivo immobilizzata in uno spazio e in un tempo che scorrevano velocissimi senza che io potessi stargli dietro. Ce l'avevo queste sensazioni, ma "non ci volevo stare", non potevo accettare che ci fossero, come se avessi più che interiorizzato che quel momento doveva essere bellissimo e meraviglioso e spensierato.
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Una di queste sensazioni era proprio quell'esperienza di separazione del post-partum. Mi sembrava, allora, che tutte le altre separazioni (il fatto di iniziare a lavorare molto presto, il fatto di "doverla" mettere nella culla di notte, etc.) non facessero che ripetere quello strappo traumatico. E allora dai a cercare di recuperare. E a dormire attaccate. E ad acconsentire ad ogni suo minimo "gu" tenendola sempre in braccio, sempre attaccata al seno.
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Eppure mi sentivo immobilizzata. Mi scorreva il tempo tra le mani e tutti quei progetti (baby nuoto, massaggio neonatale, yoga in post partum) che avevo programmato mi sembravano impossibili che "lei non dorme mai", "io non dormo mai", "devo viaggiare da e per lo studio".
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In realtà credo che il tempo e lo spazio di quel primo momento si sia talmente dilatato da invadere tutto il resto.
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Mi viene in mente, allora, che, alle volte, mi sembra quasi di essere ancora lì, come se fosse ieri. Invece erano 15 mesi fa.
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Credo che molte delle difficoltà di Papera di questi mesi, soprattutto quella del sonno, abbia avuto a che fare con questo mio problema a riuscire ad oltrepassare quella soglia e a ricucire qualcosa che ho vissuto, non come un attraversamento lento, ma come un cadere repentino.
Anche le gelosie, probabilmente, hanno a che vedere con un non voler accettare di "essermi costretta" a procedere più velocemente di quanto, in realtà, non sentissi di poter e voler fare.
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Allora, come ora, non riesco a mettere via i vestitini, non riesco a guardare le foto, non riesco, in sostanza, a confrontarmi con "quella me"di quel tempo e di quello spazio che, forse, è stato semplicemente troppo carico di emozioni da poter essere elaborato come pensavo di poter fare.
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E nessuno intorno a me sembrava potersi agganciare a questo vortice per farmelo vedere anche dall'esterno, per aiutarmi a dipanare la complicata matassa.
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Bhè, quasi nessuno...
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Menomale che ci sono i blog.

martedì 24 novembre 2009

Casa nuova, vita nuova

Allora, finalmente, il processo si è compiuto.



Abbiamo traslocato, cambiato casa, abitudini, punti di riferimento...in un certo senso identità.
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Ora camminiamo per i nuovi marciapiedi con fare curioso, cercando di incrociare gli sguardi degli altri passanti, cercando di mandare un messaggio tipo :"ciao, siamo nuovi, ma siamo fighi, simpatici, vuoi fare amicizia?". Ah, la ricerca di consenso: che brutta bestia!
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Anyway: la casa assomiglia ancora a un cantiere, ma è bellissima. Grande, con tanti spazi per Papera e, soprattutto vicinisssssssssssssssssssssssssssimo al mio studio. Proprio vicino. Insomma praticamente dentro casa. Che goduria.
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In altre parole la nuova vita è già iniziata. E Papera sembra godersela un mondo. Unico neo (oltre alle scatole in mezzo alle palle ovunque e alla polvere che si riproduce): Papera sembra che l'abbiano dopata. Tale è l'eccitazione dell'insieme delle novità che non sta ferma per più di 10 secondi di seguito e, che te lo dico a fà, il rituale di addormentamento è diventato un "tantino" più lungo. Ma ci sta. A dire il vero dall'eccitazione non dormiamo nessuno dei tre. Eppure sembra non pesarci.

domenica 15 novembre 2009

Addio ai monti



"Finalmente" ci siamo: domani è previsto il fantomatico trasloco.
Domani è arrivato.
Allora oggi, in molti sensi, si chiude una lunga fase della mia vita.
Certo domani se ne apre un'altra, ma, intanto, oggi è oggi.
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Allora, in questo turbine di "fai, fai, fai" e "corri, corri, corri", ho, piu' o meno consapevolmente, evitato, non solo di andare, ma anche di pensare alla vecchia casa che lasciamo per trasferirci nella grande e comoda novità. Il pensiero era troppo doloroso e poi, come scusa mentale, c'era sempre il "tanto ancora manca tanto", "ci penserò in un altro momento".
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Ora, invece, ci siamo e domani caricheranno mobili, scatole e una grossa parte di me.
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Perchè quella casetta, con le pareti tutte bianche e le porte azzurro Santorini, la ho dipinta io. La ho arredata io e la ho abbellita in anni spensierati e dove tutto era un costruire ed investire in un futuro che sembrava onnipotente ed infinito.
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Perchè quella è la casa dei miei 20 anni, della separazione dalla confusione familiare per approdare alla linearità della libertà e della emancipazione.
Perchè lì ho scoperto di essere quella che sono e di volere quello che voglio.
Perchè lì ho ricominciato a dormire serena e mai, ma proprio mai, mi sono svegliata senza sapere dove fossi.
Perchè lì ho raggiunto i miei desideri personali e professionali: lì mi sono laureata, specializzata, sposata ed ho avuto una figlia.
Lì ho ricucito i rapporti familiari. Lì ho amato, odiato, pianto, ma soprattutto riso.
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Perchè in quella casa è ri-iniziato tutto: da quegli infiniti scambi epistolari, a quella notte passata a parlare e guardarci sapendo che eravamo sempre noi, nonostante gli anni di lontananza, nonostante le altre storie, nonostante gli altri progetti.
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Perchè lì abbiamo deciso di stare insieme, proprio lì, su un divano blu che ha visto e sentito tutto e sorretto il peso di un grande amore.
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Perchè lì mi sorprendevi con giochi di candele e tanto tanto amore.
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Perchè lì abbiamo deciso di formalizzare un'unione e lì abbiamo festeggiato fino all'alba con amici, pizza e taaaaanti alcolici.
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Perchè lì abbiamo deciso di diventare una famiglia e lì abbiamo concepito quel figlio che era già dentro le nostre fantasie da tanti anni.
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Perchè lì la abbiamo aspettata, lì abbiamo avuto paura e lì è nata: il miracolo della vita nella nostra casa dove abbiamo imparato ad essere una coppia, per poi imparare ad essere in tre.
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Perchè lì abbiamo vissuto le eterne notti insonni, passeggiandola per ore nel breve corridoio e sul terrazzo da cui si vede er Cuppolone.
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Perchè lì il quartiere è diventato un paese e le persone amiche e le donne "altre mamme" e la vita piu' bella, piu' ricca, piu' saporita.
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Perchè lì noi siamo diventati veramente noi.
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...E mi prende una fitta allo stomaco al pensiero che questo cambi, si chiuda, appartenga al passato. Il pensiero che quella scomodità romantica possa trasformarsi in qualcosa che non conosco e in una vita che non è la mia.
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Addio casa...grazie.

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Addio/ monti sorgenti dall’acque- ed elevati al cielo/ cime inuguali/ note a chi è cresciuto tra voi/ e impresse nella sua mente/ non meno che l’aspetto de’ suoi familiari/ torrenti- de’ quali si distingue lo scroscio/ come il suono delle voci domestiche/ ville sparse e biancheggianti sul pendìo/ come branchi di pecore pascenti/ addio!/ Quanto è tristo il passo di chi/ cresciuto tra voi/ se ne allontana!/
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Alla fantasia/ di quello stesso che se ne parte volontariamente/ tratto dalla speranza di fare altrove fortuna/ si disabbelliscono/ in quel momento/ i sogni della ricchezza/ egli si maraviglia d’essersi potuto risolvere/ e tornerebbe allora indietro/ se non pensasse che, un giorno- tornerà dovizioso/ Quanto più si avanza nel piano/ il suo occhio si ritira/ disgustato e stanco/ da quell’ampiezza uniforme/ l’aria gli par gravosa e morta/ s’inoltra mesto e disattento/ nelle città tumultuose/ le case aggiunte a case/ le strade che sboccano nelle strade/ pare che gli levino il respiro/ e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero/ pensa/ con desiderio inquieto/ al campicello del suo paese/ alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso/ da gran tempo/ e che comprerà/ tornando ricco/ a’ suoi monti/
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Ma chi/ non aveva mai spinto/ al di là di quelli/ neppure un desiderio fuggitivo/ chi/ aveva composti in essi/ tutti i disegni dell’avvenire/ e n’è sbalzato lontano/ da una forza perversa!/ Chi/ staccato a un tempo/ dalle più care abitudini/ e disturbato nelle più care speranze/ lascia que’ monti/ per avviarsi in traccia di sconosciuti/ che non ha mai desiderato di conoscere/ e non può/ con l’immaginazione/ arrivare a un momento stabilito per il ritorno!/
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Addio/ casa natìa/ dove/ sedendo/ con un pensiero occulto/ s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni- il rumore d’un passo aspettato/ con un misterioso timore/ Addio/ casa ancora straniera/ casa sogguardata tante volte alla sfuggita/ nella quale la mente- si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa/ Addio/ chiesa/ dove l’animo tornò tante volte sereno/ cantando le lodi del Signore/ dov’era promesso/ preparato un rito/ dove il sospiro segreto del cuore- doveva essere solennemente benedetto/ e l’amore venir comandato/ e chiamarsi santo/ addio!// Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto/ e non turba mai la gioia de’ suoi figli/ se non per prepararne loro- una più certa e più grande.